Elay è un pittore, viene dall’Azerbaijan, una terra lontana che una volta veniva chiamata l’Albania Caucasica. Vive e lavora Milano. Sull’immigrazione dice “Penso che non debbano esistere nazioni che impediscano ad un essere umano di andare alla ricerca della propria felicità.”
Elay raccontaci qualcosa di te, dove e quando sei nato?
Sono nato il 18 settembre del 1985 in Nakhcivan, una piccola città in Azerbaijan.
La tua famiglia?
Ho una famiglia meravigliosa. Siamo in cinque, i miei genitori sono professori di letteratura e mia madre è anche una pianista. mio fratello maggiore è un traduttore di lingua inglese, mentre il fratello più piccolo è uno psicologo. Insomma le discussioni in famiglia non possono che essere molto colorate.
Quando hai partorito l’idea di abbandonare il tuo Paese?
Quando mi diplomai all’Accademia delle Belle Arti a Baku nacque in me la necessità e l’interesse di conoscere meglio il movimento dell’arte in Europa, e poi cercavo una galleria dove poter fare una esibizione dei miei lavori figurativi “monocolori’ i quali non sono accettati a Baku. Decisi che Milano era la città giusta dove studiare arte, la trovo una città moderna. Quindi nel 2013 cominciai a frequentare l’Accademia delle Belle Arti a Brera, dove mi sono formato.
Cosa ne pensa la tua famiglia di questa scelta?
I miei genitori mi hanno sempre lasciato libero di fare le mie scelte, questo è stato molto importante per me. L’unico problema per noi è il fattore lontananza, questo è un aspetto difficile perché mi ha cambiato nel modo di vivere la vita, è tutto molto difficile ma in compenso il mio lavoro mi gratifica molto.
Come sono stati i primi anni da immigrante?
La solitudine è il lievito della creatività se sai maneggiarlo. Con molta difficoltà ho trovato un workshop economico a Milano, molto lontano dal centro, dove vivo e dove sviluppo i miei lavori.
Quando sei arrivato in Italia iniziasti gli studi in Accademia, come facevi per sostenere la tua vita? Facevi lo studente lavoratore?
Sì, studiavo all’Accademia dove frequentavo il corso di pittura. Voglio precisare che ho avuto un sostegno grazie ad un amico a Baku, il quale mi ha sovvenzionato gli studi il primo anno e poi dal secondo anno ho fatto domanda per la borsa di studio che poi ho vinto. Ad oggi sto cercando di trovare opportunità di lavoro al fine di sovvenzionare il mio continuare a fare arte.
Perché hai scelto di vivere in Italia?
L’Italia per me è la culla dell’arte, i più grandi artisti dell’arte, a partire dall’antichità alla società moderna, sono italiani.
Dopo i tuoi studi, hai iniziato a fare esibizioni, pensi di voler realizzare uno nel tuo Paese?
Forse un giorno, perché no! Vorrei fare una sola esibizione dei miei lavori artistici per provare che il tempo e il luogo giocano un ruolo importante per constatare il vero valore di un lavoro artistico o di uno stile intellegibile. Ma credo che, generalmente l’arte nella società da dove provengo non è pronta ad accettare “lo stile nascosto” oppure i lavori “figurativi monocromatici”.
Quanto è presente l’Azerbaijan nei tuoi lavori?
La maggior parte dei miei dipinti consistono in ritratti e corpi. Ho sempre dipinto uomini, ogni genere umano, ogni etnia può essere il focus della mia attenzione.
Pensi mai di far ritorno in Azerbaijan?
Per la creatività l’Italia è molto conveniente. A volte sento la mancanza di incontrare la mia famiglia e questo è la ragione per cui saltuariamente rientro nel mio Paese.
Quali sono secondo te le cose belle e brutte del tuo Paese?
Dunque, la prima cosa bella che mi viene in mente è che siamo un popolo molto amichevole e questo è il valore più importante per la nostra nazione. Dall’altro canto, il lato negativo è che il mio popolo non è capace di creare una società moderna. Sono ancora fermi alla vecchia ideologia.
Viviamo il periodo delle immigrazioni di massa, tu come lo vivi personalmente?
Penso che non debbano esistere nazioni che impediscano ad un essere umano di andare alla ricerca della propria felicità. Ma allo stesso tempo penso che l’immigrazione è una tragedia considerando che uomini e donne sono forzati ad abbandonare le loro amate terre dove erano già felici, prima delle guerre.
Che relazione hai con il tuo Paese e i tuoi connazionali?
Ho lasciato tanti amici indietro, ci teniamo in contatto attraverso internet che ci dà la possibilità di parlare e di ricordarci come eravamo. Il mio Paese è una pagina nostalgica della mia infanzia.
E cosa pensi ogni volta che rientri nel tuo Paese?
Onestamente cerco di trascorrere più tempo possibile con la mia famiglia ma poi penso subito che devo rientrare in Italia perché ho sempre esibizioni da preparare.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Ho deciso di vivere in Italia, sto lavorando a molti lavori artistici, esibizioni da preparare. Il mio obiettivo è quello di contribuire a dare una nuova visione della società in cui viviamo.
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