Sei giovane, sei campano, una laurea triennale alla Università degli Studi del Sannio-Benevento e un Master degree in Economia e Direzione Imprese alla Luiss Guido Carli. Stagista presso la Banca del Mezzogiorno e successivamente hai lavorato nell’area di programmazione comunitaria in Invitalia, ma questo non ti ha fermato dal coltivare e lavorare al tuo sogno che hai in tasca: shambles media. Raccontaci un po’ di te ma soprattutto di Shambles. Come sei riuscito ad avviare il progetto? Chi ti ha aiutato economicamente all’inizio?
Sul mio percorso hai già detto tutto tu. Ho avuto la possibilità di conoscere le dinamiche del sistema universitario sia pubblico che privato e di lavorare in una grande realtà aziendale come Invitalia. E nonostante mi trovassi benissimo con il Team di Lavoro e l’Azienda in generale, ho preferito lasciare per dedicarmi a tempo pieno a Shambles. Evidentemente non avendo le competenze per sviluppare una piattaforma mobile, ho ricercato una software house in grado di accompagnarmi in questo percorso. Dopo varie ricerche e cambi in corsa, ho trovato un’azienda di sviluppo con cui c’è stata sintonia fin da subito, tant’è che a breve entrerà anche nella compagine societaria. Per quanto riguarda il finanziamento del progetto, ci ho creduto in prima persona investendo i risparmi accumulati con il mio lavoro in Invitalia. Inoltre hanno creduto ed investito in Shambles, mio fratello Danilo ed i miei amici Saverio Marro e Marcello Befi. Ed ora che Shambles non è più soltanto un progetto su carta ma un prodotto che inizia ad avere i primi utenti e clienti, stiamo cercando nuovi finanziatori con l’obiettivo di continuare a crescere. Anche per questo motivo da un mese è entrato in società una figura esperta come Jacopo Paoletti che ci farà da advisor e si occuperà dell’Area Marketing.
Passando a parlare invece del contenuto del vostro Progetto, ci spieghi cos’è Shambles e come funziona la Piattaforma?
Siamo una community di social influencers e brandlover che lavora insieme per creare contenuti autentici per i brand. Con la nostra innovativa piattaforma mobile diamo la possibilità ai nostri influencer di modificare le proprie foto con il logo del brand che intendono condividere ed un testo orginale, creando così delle vere e proprie immagini pubblicitarie. Le foto, così modificate, vengono condivise su Shambles, che è anche un social network, e sui principali canali social. Instagram e Facebook su tutti.
È aperta a tutti?
In questo momento sì, ma sono in cantiere diverse novità, tra le quali rientra, probabilmente, l’implementazione di un sistema ad inviti per mantenere elevata la qualità dei contenuti condivisi.
Ci sono piattaforme app che assomigliano a Shambles?
Anche se in maniera diversa rispetto a Shambles, ci sono diverse piattaforme che si propongono di mettere in contatto brand ed influencer. E questo è un bene perché significa che c’è mercato. Noi puntiamo tanto sulla nostra community e sul nostro editor photo che stiamo continuando a migliorare con l’obiettivo di dare la possibilità ad i nostri utenti di realizzare contenuti unici.
Perché un’azienda dovrebbe trovare interessante questo nuovo modo di fare pubblicità? Potrebbero contattare, come già fanno, direttamente gli influencer.
E’ vero, possono farlo. Ma questo è comunque un lavoro che gli porta via tempo. Invece rivolgendosi a noi, potranno contare su una community già selezionata. Ed è proprio la community, in questo momento, ad essere il nostro valore aggiunto. Facciamo un lavoro certosino, quasi ossessivo nella selezione dei nostri influencer. Ci concentriamo molto sulla qualità dei contenuti condivisi e sulla reach che riescono a garantire. Quindi le aziende che si rivolgono a noi hanno piena garanzia sulla qualità dei contenuti e sulla reach che questi conseguiranno.
Un’altra curiosità riguarda la tipologia di contenuto condiviso. Perché brandizzare le foto?
Su Social come Instagram, l’attenzione dedicata ad un singolo post non è altissima e l’utente che lo visualizza potrebbe perdersi nei vari elementi e dettagli catturati nell’immagine condivisa. Invece, una foto con all’interno un logo ed un testo colorato oltre ad essere più divertente e stimolante per la creatività di chi il contenuto dovrà generarlo, mette in primo piano l’azienda condivisa. In sostanza, crediamo che questo tipo di condivisione possa avere maggiore impatto nei confronti non solo del singolo utente che visualizza il post, ma anche nei confronti dell’influencer che condividendo un post con il logo ed un claim originale, inizia a sentirsi pienamente identificato con il brand.
Ci sono già delle aziende che hanno accettato di entrare nel mondo Shambles Media?
Sì, Stiamo avviando diverse collaborazioni. Con alcuni brand si sta creando anche un rapporto di lungo periodo. Ci tengo a ricordare la nostra prima collaborazione con Salvatore Martino, fondatore di President Fashion. Un marchio che sta crescendo rapidamente sul panorama nazionale e non solo. La pagina instagram @by_president_1 è oggi popolata da molte foto condivise dai nostri influencer. Questo dimostra di come il Brand abbia apprezzato il lavoro nostro e dei nostri influencer. Un’altra collaborazione che mi fa piacere raccontare è quella con Splesh Tee. Un marchio estroso, che a me piace definire frizzante. Uno splesh di colore e creatività, esattamente come il suo logo. Con i ragazzi di Splesh ci siamo trovati subito perché, oltre a condividere l’età e l’esperienza universitaria, condividiamo la volontà di provare a crescere nel nostro Paese.
Appunto. Fare impresa in Italia non potrebbe costituire un limite?
Certamente il nostro Paese offre poco. Però questo potrebbe rappresentare un vantaggio per noi. Noi giovani siamo abbandonati a noi stessi, con poche possibilità di lavoro e ancor meno possibilità di carriera. Quindi non avendo alternative valide in ambito lavorativo, fare impresa diventa quasi una necessità per poter crescere e contribuire a far crescere un’Italia, che nel frattempo lavora, spero inconsapevolmente, per tapparci le ali.
Tornando agli Influencer, avrei una piccola curiosità. Cosa risponde a chi critica questa nuova figura, ritenendola superficiale ed eccessivamente orientata alle apparenze?
Credo che la bellezza vada condivisa e che chi ha la capacità di produrre contenuti carini in grado di suscitare emozioni positive, abbia il diritto-dovere di condividerlo con la comunità. Nel periodo di Test di Shambles ho avuto la fortuna di conoscere molti dei nostri influencer. Sono persone tutt’altro che superficiali. Ad esempio Mattia Caon è studente di Economia alla Cà Foscari di Venezia e nel tempo libero studia da fotografo e modello. Condividendo i suoi lavori sulla sua pagina Instagram, dà la possibilità al suo seguito di apprezzarli e lasciarsi ispirare. O anche MariaRosaria Veropalummo, segreteria in uno studio commercialista, che sogna di diventare la prossima Chiara Nasti. Le star Televisive sono sempre esistite. Che male c’è quindi nel sognare di diventare una star del Web?
Un’altra curiosità riguardo al vostro nome. Perché Shambles?
Sono un appassionato lettore dei libri di Seth Godin. In uno dei suoi libri, “Quel pollo di Icaro”, c’è una frase che mi ha colpito molto: “Le rivoluzioni producono un Caos totale. Ed è proprio questo a renderle rivoluzionarie.” E visto che consideriamo il nostro progetto una piccola rivoluzione nel campo della comunicazione digitale, abbiamo voluto chiamarlo Shambles che in italiano significa, appunto, Caos.
Concludiamo con le più classiche delle domande, come ti vedi fra 10 anni?
Rispondo con la più classica delle risposte: sinceramente non lo so. Quello che spero è di vedermi ancora a lavorare in Shambles, come e dove non fa molta differenza per me.
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